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Quando vorresti esprimerti al meglio e lo fai nel peggiore dei modi.
Ti sfreccia accanto un auto, ti sfiora e tu rimani impassibile.
E ti senti in balìa del nulla e in preda al tutto.
Quando qualcuno che non scorgi ti spettina i capelli e ti solleva la gonna.
Per quel desiderio di poter ascoltarti dentro e per l’impossibilità di farlo.
Per quel nome che nella tua mente si ripete all’infinito perdendo di significato.
E non senti altro che il tuo respiro spedito, frettoloso, ansante.
Potresti ricevere una percossa e non provare alcun dolore.
Quando la musica diviene silenzio e il silenzio non fa musica.
Per quella voglia di uscirne fuori e l’insensata volontà di non farlo.
E tutto ti turbina intorno come se fossi tu a mulinare.
Quando volteggi su te stesso e ogni cosa resta ferma, fissa, impassibile.
Quando la nausea ti incatena i polsi e ti serra la bocca.
E non avverti paura perché ti accorgi di essere tu la paura.
Quando da una vetrina scorgi il mondo e ti chiedi da dove stai guardando.
E a fatica ti alzi sulle punte dei piedi per scorgere quello che non riesci a vedere.
E ti senti in balìa del nulla e in preda al tutto.
Ti sfreccia accanto un auto, ti sfiora e tu rimani insensibile.
Perché in fondo non te ne fotte nulla se morirai in quell’istante.
E ti passano accanto sconosciuti. E puoi entrare e in ognuno di essi puoi uscire.
Quando quell’istante ti sembra tutta la tua vita.
Quando in un tempo brevissimo vedi scorrere la tua esistenza.
E vorresti poter capire ed invano ti sforzi di farlo.
Per la voglia di urlare aiuto e per quelle dannate labbra ancora serrate.
Perché in preda al tutto ti senti in balìa del nulla.
Perché lo fai nel peggiore dei modi e potresti esprimerti al meglio.
Perché dal finestrino di quell’auto sfrecciante,
riesci a vedere la tua immagine riflessa impallidire.
E ti senti ancora in preda al tutto e in balìa del nulla.
Per quel nome che perdendo di significato la tua mente vomita senza fine.
Quando credi di aver alzato il capo e ti accorgi di aver abbassato la testa.
E sotto quella gonna scopri che è buio, è nero.
Per quel buio senza nero che ti fa vedere buio.
Perché non potendoti ascoltare non avverti neppure il desiderio di farlo.
E ti accorgi di esser solo in compagnia del tutto.
E ti ritrovi in compagnia del tutto e in balìa del niente.
Perché non provando alcun dolore potresti morire senza rendertene conto.
E non hai paura, perché sei tu la paura.
E non vedi il nero, perché sei tu il buio.
E non trovi un senso perché hai perso il senso.
E ti ritrovi in balìa del niente e in compagnia del nulla.
E ti senti solo e ti accorgi di esserlo sul serio.
Per quel desiderio di scappare e quei piedi impantanati nel nulla.
E vorresti non sentire quel nome che neppure il tuo acceso respiro riesce a sovrastare.
Quando né musica, né silenzio possono spezzare quel monologo sconosciuto.
Quando rinchiuso in quella vetrina, ogni sconosciuto ti guarda, ti fissa e se ne va.
Quando per scorgere qualcos’altro ti alzi sulle punte dei piedi tremanti e non vedi nulla.
Quando entri ed esci dall’animo di quegli sconosciuti e resti fuori da te stesso.
Per l’impossibilità di schiudere quelle labbra e allargare quelle braccia.
E rimani fermo, fisso, un albero secolare radicato nel vuoto e nel nulla.
E non puoi orientarti perché hai perso il senso.
E non trovi il senso perché non riesci ad orientarti.
E ti sfrecciano nuovamente accanto altre auto
e non t’importa se ti metteranno sotto o ti schiacceranno i piedi.
Perché rimani immobile, un albero secolare radicato nel nulla e nel vuoto.
E ti passano davanti scene di un passato che non ti appartiene.
E non vedi te stesso perché è nero, è buio, è vuoto.
E ti investono sguardi pesanti come percosse e non avverti alcun dolore.
Perché il dolore non ti provoca paura, perché sei tu la paura.
Perché la paura non ti provoca dolore, perché sei tu il dolore.
Perché in quella massa di non colore puoi ancora scorgere colore.
E allora riesci a vedere anche se attorno a te è nero, è buio.
E vedi il nero e vedi il buio.
E comprendi di essere stato inghiottito da quel nome che si chiama
confusione, confusione, confusione.
…e al di la di quella vetrina e sotto quella gonna vedi ancora te stesso,
…in preda del tutto e in balìa del niente.
Le mie parole
Si fanno sottili, a volte,
come impronte di gabbiani sulla spiaggia" Pablo NerudaScrivi ancora Vento del Sud